Il Drago di Barcellona

Barcellona è una delle città più attraenti che abbia avuto modo di visitare. Arte, spettacolo, storia, musica ti entrano dolcemente sotto pelle; le sue vie, un tatuaggio semi-permanente, tanto ti incuriosiscono ad ogni passo. Questa è stata la mia prima volta a Barcellona e, diversamente dal mio solito, è stato in viaggio in compagnia di una amica, sotto Capodanno, per un totale di quattro giornate. Sono fortunata, me ne rendo conto. 

 Armate di guida e ottime intenzioni, la fame di arte ci ha guidato verso la Cattedrale. La Cattedrale della Santa Croce e Santa Eulalia è la migliore rappresentazione di come lo stile gotico si sia espresso a Barcellona. Rispetto al gotico a Parigi, per esempio, è estremamente più ricco, “barocco”, “esagerato”, se non fosse gotico e di conseguenza, non ne posso semplicemente avere mai abbastanza. Primo indizio che dovrei esplorare meglio la Spagna in futuro.
Camminando tra i suoi monumentali pilastri si ha chiaramente la sensazione di essere invitati nel luogo di culto di un dio immensamente più grande di te, ma benevolo abbastanza da essere luce e illuminare essenzialmente ogni angolo della maestosa cattedrale, incluso il curiosissimo coro che ti accoglie nella navata centrale. Anche qui, il gusto gotico danza attorno al tuo campo visivo, mentre avanzi, prudente, verso l’altare. Il legno scuro delle sedie, in contrasto con il bianco opaco dei pilastri, aggiunge una nota di austerità su chi sedeva su quelle sedie. Non erano solo spettatori, erano parte fondamentale della Messa.
Al solito, non potevo perdermi un panorama, e la visita alla torre effettivamente offre una bella vista a 360 gradi di Barcellona. Qui si scopre anche perché sia la cattedrale della Croce, di fronte alla quale in tanti si sono concessi selfie. Una sorpresa, che ha reso entusiaste sia me che la mia partner-in-crime: un visore di realtà aumentata che permette di vedere la cattedrale da una prospettiva unica. Circa un quarto d'ora, idea semplice quanto divertente e interattiva, che imprime la visione dietro al monumento, dando prospettive altrimenti impossibili da sperimentare se non tramite un drone. Da riproporre in tante cattedrali, per come la vedo io. Uscendo dalla chiesa, il cortile interno, il chiostro, offre un sorriso per i bambini, con le 13 oche sacre a Santa Eulalia, 13 come gli anni attribuiti alla sua morte. Sono rimasta perplessa da trovare un rifermento sacro ad animali nella religione cristiana. Non mancano nel simbolismo, o nelle allegorie, ma non ricordo un reale allevamento o cura in nome di un santo. Di nuovo, una piccola sorpresa, e solo nella prima mattina del nostro viaggio.
La fame di arte, a seguire, a reclamato uno specifico museo: il MOCO, dedicato all'arte contemporanea. Qui Barcellona ti stuzzica, con prospettive a tratti familiari, a volte dure, di certo potenti. 
Quanto ci siamo sentite capite da questi artisti. 
Vite difficili, traumi ancora in corso, cicatrici risanate, una politica che non sembra fatta a misura di uomo, una umanità che, allo scadere del 2024, è parsa meravigliosamente E terribilmente più complessa e rotta di come la avevamo lasciata prima della pandemia, per non parlare della successiva guerra alle porte dell’Europa. E, di fronte ad una parete che ti chiede come stai/sei, se non chi sei, trattieni appena le lacrime pensando "Grazie per avermelo chiesto".
Voi? Scegliereste qualcuna di queste? E quali aggiungereste? 
Anche qui, una sorpresa alla fine del museo. Non darò dettagli, non mostrerò foto. Garantisco che dopo essersi sentiti tanto capiti, vi sentite letteralmente visti, con tutta la luce, i colori, le infinite versioni di voi. 

Il MOCO offre una buona selezione dei lavori di Banski, ma decisamente non abbastanza per non visitare il museo dedicato, a una manciata di minuti a piedi. Anche qui, scelta vincente. Il museo, nella sua relativamente piccola estensione, valorizza con un bel gioco di luci le riproduzioni dei graffiti dell'artista. Da italiana emigrata negli Stati Uniti, non poteva non colpirmi questa.
Mi ha fatto pensare alla politica immigratoria americana come a quella italiana, al senso di disagio nel sentirsi non appartenere più al luogo dove sei cresciuto, in un certo senso "cacciato" via, e inserirti in un nuovo mondo, che però, alla fine, non sarà mai veramente il tuo. Da cervello in fuga, sono emigrata con tutti gli onori, e "solo" per lavoro, e con la comodità di un aereo. In tantissimi non hanno questi lussi e opportunità. 
Di nuovo, bel reminder. 
 Di nuovo, grazie, Banski. 
Ah, dimenticavo: quei ratti dovrebbero essere i nostri spiriti-guida, quantomeno nei fine settimana.
Per terminare il momento di arte, ci siamo concesse uno spettacolo al teatro, il Palazzo della Musica Catalana. Le descrizioni del teatro che ho trovato online non hanno reso giustizia alla magnificenza e alla ricchezza dei suoi interni. Il concerto era una tributo a Michael Jackson, Prince e James Brown. Sono una late millenial accompagnata da una mediamente early millenial, e molte canzoni non erano nel mio repertorio. Il ché è stato perfetto, ho potuto concentrarmi sul teatro e sull’entusiasmo degli spettatori attorno a me. Sono rimasta ovviamente stregata dalla vetrata sul soffitto, cui luci ovviamente cambiavano - non sia mai che Barcellona non sia un poco arcobaleno. 
E, restando sulle frequenze arcobaleno, Barcellona, posso confermare, è meravigliosamente gay-welcoming. Ho perso il conto delle coppie di uomini e donne presi per mano, o che ho sorpreso seduti ad un tavolo, catturati dal suo sorriso o dal suo sguardo, o che si baciavano nelle vie di Graҫia. 
Che bello, sentirsi in un posto sicuro.
La sera lo spettacolo è decisamente il Flamenco. Crescendo ho imparato a cercare la musica, ovunque viaggi. Si capisce tanto di un luogo dalla musica. E il flamenco è molto più di musica. È una performance, da godersi ad un Tablao, dove il palco è una piattaforma in legno, ideale per amplificare il footwork o, come ho appena indagato, lo “zapateado”. Tanta passione, tanta espressione, tanto sudore. Le prime file garantiscono un’esperienza immersiva. Suggerisco alcune sedie di distanza dal palco, ma si, confermo: serata indimenticabile. La chitarra spagnola, poi, devo decisamente impararla. 

E poi è arrivato Gaudì. 
E, niente, non lo avevo ancora conosciuto un architetto che mi facesse immaginare. 
Ma cosi è successo al parco Güell, dove cornicioni di cocci multicolore diventano la spina dorsale di un dragone, una casa potrebbe accogliere Hansen e Gretel dalle fiabe dei Grimms, mentre una schiera di palme di pietra fanno da colonne a intere terrazze, richiamandomi contemporaneamente la spiaggia del Poetto della mia città Natale come le palme della nuova casa in California (Cagliarifornia sempre nel cuore). Al Parco Güell ci saresti voluto crescere: una infanzia a immaginare nuovi mondi con fantastiche creature, una adolescenza ad allenarti all'aperto e guardare il tramonto su Barcellona sorseggiando i primi alcoolici, assaggiando i primi amori, dando forma ai primi sogni. Con un po` di fortuna, crescere e portare un po` di quella magia al di là del parco, ovunque sarà la tua nuova casa. In assenza di un amico architetto, abbiamo optato per una visita guidata, che ci ha svelato tanto sulla visione di Gaudì come sulle sue idee ingegneristiche e architettoniche. Domanda aperta, ispirata dalle parole della (straordinaria) guida: perché ci siamo abituati a mercati al chiuso, quando potremmo tenere solo quelli all'aperto? Quanto abbiamo guadagnato e quanto perso ogni volta che abbiamo barattato uno spazio aperto, sconfinato, per una vita al chiuso?
E, poi, è successa casa Batlló. 
E niente, avrei tanto voluto bermi un tè caldo con Gaudì. 
Perché io, veramente, non credevo di poter ritrovare Oceano Mare su una parete, dentro una casa. Ma così è stato. Non era effettivamente il mare di Baricco, o quello che ho conosciuto io fin da piccola. Il mare da rispettare. Il mare che ti culla, sì, che ti accoglie, certo, ma che ti può anche uccidere. A casa Batlló ho trovato il mare delle favole e leggende. Dolce, pieno di creature fantastiche, un sogno che per me che ne sento tanto la mancanza, vivendo ad una ora di auto dall’oceano dopo trenta anni a una manciata di minuti dalla spiaggia, aveva quella nota dolce-amara di nostalgia. E poi, ancora, il mare nelle catene appese, e tu tocchi, tocchi tutto, le porte, le pareti, e quelle irresistibili catene. La casa deve essere vissuta con quanti più sensi possibile. E, poi, ovviamente, il dragone sul tetto, che dovrebbe richiamare al drago ucciso da San Giorgio ma, personalmente, in quella casa, ho pensato come ad una creatura fantastica che nuota nel mare di Gaudì. E, poi le luci, la mostra temporanea, e le immagini raccontate dall'audio-guida durante l'esperienza notturna. È valso tutto il biglietto, il tempo e le energie. La rifarei domani, se potessi. Casa Batlló è stata un viaggio nella testa di un uomo che amava il mare: come potevo non amarla?
Nota da fisico entusiasta: a Gaudì dobbiamo il reale ingresso della catenaria “capovolta” in architettura. La catenaria è esattamente quella curva che riproduce una catena vincolata ai due estremi, a causa del suo stesso peso. Fino ad allora, era stata usata essenzialmente nei ponti, con tutti i conseguenti vantaggi di poter usare materiali molto più leggeri per sostenere, essendo buona parte del peso scaricata ai lati (e qui le mie perle architettoniche si fermano). Compito per casa per me: come dimostrarlo, carta e penna in mano.
Infine, al mare siamo andate veramente. Un simpatico drago di sabbia ci ha accolte, assieme ad una torre che richiama alle foto di Dubai. A Dicembre, come ci si aspetterebbe in una calda giornata a Cagliari, la spiaggia era popolata, vissuta da famiglie, sportivi, per una corsa, sole, o una passeggiata con il cane. In quel momento ho pensato che a Barcellona ci potrei vivere. Non mi succede con tante città. Più spesso immagino di passarci un anno o due, per il prossimo assegno di ricerca, per un nuovo lavoro, per un anno sabbatico. Barcellona, invece, ha meritato il: qui potrei fermarmi.
Nota: tanti adorabili cani, a Barcellona. 
Ho salutato il mare Mediterraneo, dalla costa opposta rispetto alla solita. Gentile e calmo, se è questo il mare che Gaudì ha conosciuto, casa Batlló non poteva essere più accogliente. Torna, ha senso. 
Domani ripartiamo. 
Passeranno circa sei mesi prima di riabbracciarla. 
Grazie amica, grazie mare. Alla prossima.

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